Carissime coppie,
durante i viaggi che ho fatto a servizio del Movimento, sono stato molto confortato dall’incontrare tanti equipiers che mi hanno riconosciuto, grazie al fatto che il mio viso e i miei pensieri sono noti attraverso le foto e i messaggi che vi ho inviato con regolarità attraverso il Corriere dell’ERI. Una riconoscenza che mi stimola decisamente nel continuare a scrivere questi messaggi, che sono parte integrante del mio servizio sacerdotale nello spronare e nel confermare i fratelli nella fede.
Nel nostro caso, confermare e spronare nella fede per me consiste nell’aiutarvi a mantenere lo zelo del vivere in una fedeltà creativa il carisma e la spiritualità del nostro Movimento: vivere la santità del sacramento del matrimonio. Ma questo carisma e questa mistica non possono essere visti come se si trattasse di un titolo di proprietà o di una sorta di patente che il nostro Movimento o la Chiesa avrebbero su questo modo di vivere il matrimonio. Noi non siamo proprietari: siamo servitori di questo mistero. Abbiamo il servizio e la missione di rendere testimonianza alla dignità del matrimonio “naturale”, dato che il sacramento si basa sulle proprietà naturali del matrimonio, cioè, presuppone la dignità antropologica del matrimonio in quanto tale.
Ora, le proprietà naturali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità: tutto il matrimonio tra un uomo e una donna (unità) è per sua natura indissolubile (indissolubilità), finché morte non li separi. Lo definiamo “naturale” perché è indipendente dalla cultura e dalla religione che si professa. Ha una dignità antropologica tale che ne fa la base naturale del matrimonio cristiano. All’interno di questa dignità naturale, il matrimonio è inscritto nella natura umana e, dunque, “non è all’arbitrio della volontà umana”, come insegna il concilio Vaticano II (GS 48). Se celebrato tra cristiani, diventa sacramento, cioè segno di Cristo e della Chiesa: “grande è questo mistero, lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa” (Ef 5,32).
Vivere e testimoniare questo mistero, ecco il nostro carisma e la nostra missione. Tutta la pedagogia del Movimento, tradotta nei “punti concreti d’impegno”, è un metodo, una regola per aiutare le coppie a vivere il proprio matrimonio nella santità. La nostra missione consiste nell’irradiare questo mistero nella Chiesa e nel mondo, missione tanto più necessaria in quanto viviamo in un ambiente che le è contrario. In risposta alle dottrine professate specialmente da Lutero [1483-1546], il concilio di Trento 1545-1563] ha dichiarato come dogma che il matrimonio è uno dei sacramenti istituiti da Nostro Signore Gesù Cristo (DS 1601) e ha indicato le condizioni formali e materiali secondo le quali deve essere celebrato, soprattutto per andare incontro ad una vera piaga sociale per quei tempi, quali erano i “matrimoni segreti” (cf. DS 1813-1814).
Come Equipe Notre Dame, la nostra missione consiste nel proclamare che questo ideale di matrimonio cristiano, come cammino di santità, non è proprietà esclusiva dei cattolici. Non abbiamo alcun titolo di proprietà. Noi siamo degli inviati, come chiede Papa Francesco, per testimoniare che il modo cristiano di vivere il matrimonio corrisponde a ciò che tutti gli uomini desiderano in fondo al proprio cuore, e che di conseguenza è un cammino di gioia e di felicità per la persona di oggi.
Lo riconosciamo tutti che vivere la santità del matrimonio esige dalle coppie una “notevole virtù” (GS 49), un elevato grado d’eroismo. In ogni caso, lungi da noi la pretesa di presentarci come degli eroi. L’esclamazione dei discepoli vale anche per noi: “Se tale è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene prender moglie” (Mt 19,10)! Ma parimenti valida è la risposta del Signore: “Impossibile per gli uomini, ma a Dio tutto è possibile” (Mt 19,26)! Perché questa impossibilità diventi possibile, il nostro Movimento ci offre degli strumenti che ci aiutano a farcela, i punti concreti d’impegno, tra i quali ho particolarmente insistito sull’importanza della preghiera coniugale e del dovere di sedersi.
Nel corso di quest’anno, durante il quale ci prepariamo a Fatima, domandiamo a Maria la grazia della fedeltà al nostro carisma e alla nostra missione e chiediamole di intercedere per noi, adesso e nell’ora della nostra morte, le due grandi ore decisive della nostra vita. Ella ci indichi sempre il cammino giusto da percorrere, ciò che dobbiamo fare, così come fece con i servi alle Nozze di Cana: “Fate quello che lui vi dirà” (Gv 2,5)! E allora assaggiamo il vino nuovo della bontà e della santità del matrimonio, come sorgente di felicità e di speranza per la Chiesa e per il mondo di oggi.
Vi saluto con affetto e invoco su di voi e sulle vostre famiglie le più abbondanti grazie e benedizioni di Dio.
Padre Josè Jacinto de Farias, scj
Consigliere Spirituale ERI