Carissimi Equipiers,
Nel contesto provvidenziale che noi viviamo, segnato dalla memoria della conclusione del Concilio Vaticano II, l’8 dicembre 1965, cinquant’anni fa, e ancora per la prossimità del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, io vorrei, in questa lettera, condividere con voi la speranza che il nostro Movimento mi offre circa l’avvenire della famiglia cristiana nella Chiesa e nella società del nostro tempo, e invitarvi vivamente alla fedeltà al nostro carisma e alla missione nella Chiesa, ancora più attuale oggi che 68 anni fa.
Benché in un altro contesto storico, i tempi attuali, anche a livello globale, ci interpellano a vivere con coraggio e con speranza ciò che noi siamo, a vivere la nostra missione sponsale con gioia, come ci invita papa Francesco. Io vi invito a non dimenticare la dignità con cui noi tutti siamo stati chiamati a vivere, ciascuno secondo il suo stato di vita, a tre livelli.
Non dimentichiamo la nostra dignità di persone, create a immagine e somiglianza di Dio, realtà che non è più del tutto evidente per numerosi nostri contemporanei, più preoccupati dall’ecologia della natura e del mondo e meno per l’ecologia umana, come ci ricorda papa Francesco nella sua recente enciclica Laudato si’!
Non dimentichiamo la nostra dignità di figli di Dio, a seguito del battesimo, partecipi della natura divina e chiamati alla santità, alla perfezione della verità, della libertà e dell’amore, che è possibile acquisire soltanto in Dio, come un dono e una grazia che noi dobbiamo umilmente chiedere.
Non dimentichiamo la nostra dignità sponsale, come ci insegna san Giovanni Paolo II nella sua teologia del corpo. Nel vostro caso, come coppie, voi dovete vivere il vostro amore coniugale nel Signore, secondo il pensiero dell’apostolo Paolo (1 Cor 7,39). Io vi raccomando la lettura e la meditazione in coppia di questo capitolo della lettera dell’apostolo ai Corinti, soprattutto i primi versetti (1 Cor 7, 1-8), dove San Paolo parla del dovere coniugale. Vivete castamente il vostro amore coniugale, il quale si nutre, poiché l’amore ha bisogno di essere nutrito, della frequenza a tre tavole o altari: la tavola eucaristica, la tavola della cena fraterna, e la tavola o altare dove si celebra l’amore casto e puro degli sposi che si amano nel Signore e l’amore dei quali è stato benedetto dal Signore e dalla Chiesa nel sacramento del matrimonio. Per il sacramento del matrimonio, il marito rappresenta Cristo che ama la Chiesa e che si dona morendo per essa; e la sposa rappresenta la Chiesa che accoglie l’amore del suo sposo, è a lui sottomessa. L’obbedienza e la sottomissione sono possibili solamente tra persone che si amano veramente. È per questo che la regola d’oro della relazione e dell’amore coniugale è il perdono, che è la forma più perfetta della donazione, la perfezione del dono.
Io non so, cari équipiers, se ciò che io condivido con voi sia evidente per tutti. In ogni caso, io vi invito a riflettervi nel vostro dialogo coniugale, nella vostra preghiera, nel vostro dovere di sedersi. Siate scrupolosamente rispettosi dei punti concreti di sforzo, i quali, perché sono molto semplici, non sono facili!
Vi saluto cordialmente con tutta la mia amicizia sacerdotale e invoco su di voi e sulle vostre famiglie la benedizione del Signore, che Egli vi protegga e vi accompagni sempre.
P. José Jacinto Ferreira de Farias, scj
Consigliere Spirituale dell’ERI