«Il mondo appare scioccato, angosciato, senza speranza. Eppure, oggi noi credenti diciamo: Buona Pasqua! Parliamo di gioia e felicità; parliamo di luce e speranza, annunciamo di credere nella vita.»
L’omelia di Padre Ricardo Londoño della Messa della Domenica di Pasqua trasmessa da Bogotà al mondo via Internet.
Omelia Domenica di Pasqua
Il Signore Gesù è risorto. Alleluia! Oggi è un giorno di gioia e celebrazione.
Sembra difficile pronunciare questa espressione. È complesso gridare oggi la gioia del Risorto. Il mondo appare scioccato, angosciato, senza speranza. Eppure, oggi noi credenti diciamo: Buona Pasqua! Parliamo di gioia e felicità; parliamo di luce e speranza, annunciamo di credere nella vita.
- vero che ci sono paure, ci sono timori, ci sono angosce. È vero che la malattia ci circonda e la morte bussa alla porta vicino a noi. E nonostante ciò, continuiamo a credere, continuiamo a fidarci, continuiamo ad aspettare.
Cosa significa per noi oggi celebrare il trionfo di Gesù sulla morte? Quale valore può avere la buona notizia della risurrezione al momento attuale? Che senso possiamo dare a ciò che l’umanità vive attualmente? Già, venerdì scorso, padre Raniero Cantalamessa ci ha offerto una meditazione intensa e profonda e un percorso di risposta. Mi pare bello tornare a quel bellissimo testo. Deve essere una meditazione pasquale per tutti noi.
Abbiamo vissuto una Settimana Santa diversa da qualsiasi altra vissuta nel corso della nostra vita. È vero che non siamo stati fisicamente insieme ad altre persone e, tuttavia,
- un sentire generale che poche altre volte abbiamo vissuto così intensamente i momenti di preghiera, riflessione, meditazione e contemplazione del mistero della passione, morte e risurrezione.
Abbiamo condiviso innumerevoli testi, immagini, video, momenti di orazione, incontri, preghiere comuni. Ci siamo uniti, davanti ai nostri schermi, con innumerevoli credenti di ogni parte del mondo per accompagnare le apparentemente solitarie celebrazioni di Papa Francesco. Siamo stati commossi dall’austerità, dal silenzio e dall’ineffabile e sublime bellezza di cerimonie serene e profonde.
- stato un tempo di grazia e misericordia. Siamo stati in grado, nella calma e nella tranquillità delle nostre case, di dare un senso a questi giorni così diversi, che ci hanno condotto a vivere e celebrare la nostra fede in Cristo in un ambiente inusuale e in altre condizioni.
Insieme a tutto ciò che accade e che ci viene raccontato e che ci arriva attraverso i mezzi di comunicazione, meravigliosi e benedetti, attraverso le tecnologie e la conoscenza applicata, abbiamo anche potuto ammirare l’intenso senso di solidarietà e servizio di così tante persone che nei centri sanitari, negli ospedali e nelle cliniche, si sono dedicati in solidarietà per accompagnare i malati, confortare la sofferenza, rendere il miglior servizio possibile, in mezzo al caos e alla confusione, tra impotenza e in mezzo a strabordanti richieste di attenzione. Sono tutti fratelli, messisi al servizio nella sanità,
che diventano una presenza compassionevole e misericordiosa di Dio per coloro che ne hanno bisogno e lo chiamano.
E, insieme a loro, i servitori silenziosi: gli agricoltori che raccolgono e permettono al cibo di raggiungere le nostre tavole; i trasportatori, le società della grande distribuzione, in altri tempi non sempre così solidali, è vero, ma che in questo particolare tempo ci permettono di avere ancora mezzi di sussistenza, cibo e molte altre cose di cui abbiamo bisogno in questi lunghi giorni.
I lavoratori della comunicazione meritano un segno di riconoscenza. Non siamo mai stati più informati (a volte, forse, troppo) e non avevamo mai avuto davanti ai nostri occhi e orecchie un’opportunità di condividere gli stessi dolori e preoccupazioni che viviamo sulla nostra pelle.
Tutto questo, nel mezzo delle nostre celebrazioni di fede.
Per questo, mentre condividiamo ora questa Eucaristia di Pasqua, permettiamo al Signore di illuminare, incoraggiare e aiutare le nostre vite e i nostri cammini.
Abbiamo ascoltato la Parola di Dio scritta e proclamata per nutrire il nostro spirito e illuminare il cammino che percorriamo. Gesù, che, essendo di condizione divina, volle diventare un uomo come gli altri, l’ultimo degli esseri umani, disprezzato, umiliato e martirizzato, è andato fino alla fine. Ha condiviso il dolore e la morte. È stato sepolto ed
- arrivato alla realtà di quel destino senza appello per tutti viventi sulla terra. Ma Dio lo ha portato alla pienezza dell’esistenza e ha dimostrato, risuscitandolo, che questa vita vissuta nell’amore, nella solidarietà e nel servizio è una vita piena di significato.
Pietro, all’inizio della predicazione apostolica e all’origine del procedere della buona notizia dall’ebraismo originale verso altre realtà e contesti, non esita ad affermare la certezza che Gesù, il Cristo, è vivo e risorto. È l’annuncio originale e fondante: che Dio ha risuscitato Gesù e che Lui, risorto, è vivo e agisce nel mondo. La nostra fede è nata lì e da lì prende nutrimento la nostra speranza. L’essere umano raggiunge la vocazione e il destino definitivi: è stato fatto somigliante a Dio, totalmente. Partecipa della stessa esistenza eterna.
Quanto raccontato nei Vangeli sulle esperienze iniziali degli incontri con il risorto ci aiutano a riconoscere cosa ha significato per ogni credente in Gesù sapere che Egli è vivo e ci accompagna. Per tutta la settimana, durante l’Ottava di Pasqua, saremo in grado di meditare e contemplare i vari modi in cui si è mostrato, attraverso le apparizioni, le esperienze dei discepoli di Gesù.
Per la celebrazione liturgica di questa grandiosa domenica, la Chiesa ci offre un resoconto evangelico per la messa mattutina e un altro per la messa pomeridiana. Ho scelto quest’ultimo come testo della nostra celebrazione. È un testo che, sicuramente, abbiamo letto, ascoltato, contemplato molte volte. Ma, come ha ricordato Raniero Cantalamessa con le parole di Gregorio Magno, la Scrittura cresce con coloro che la leggono. Lasciamo che la Parola cresca dentro di noi e con noi. Assaporiamola,
soprattutto in questo momento, con calma e tranquillità e lasciamo che raggiunga il cuore di ognuno con il messaggio che il Signore vuole comunicarci.
Lasciatemi fare una breve riflessione: i tristi discepoli che camminano verso Emmaus, contempliamoli come fossero una coppia sposata che viveva la speranza di tempi migliori e che aveva riposto le proprie speranze e preoccupazioni nel seguire il profeta di Nazaret. Arrivarono però la prigione, la condanna e la morte in croce. Tutto è crollato. Non c’è né orizzonte né futuro che si intravvedano. Ora, si tratta di tornare alla routine quotidiana e senza speranza nel futuro, con un carico maggiore di desolazione e abbattimento.
Diamo uno sguardo al nostro mondo oggi da questo punto di vista, da questa prospettiva. E scopriamo, ancora una volta, colui che cammina con noi, che si avvicina, lo straniero risorto che ci si mette a fianco e inizia a risvegliare quanto abbiamo sentito. I cuori perdono la loro malinconia e nostalgia e iniziano a sperimentare il calore che deriva dalla consolazione di una parola che illumina e dal desiderio che il compagno rimanga con noi: “Resta con noi perché arriva la sera”. E, nell’intimità della casa, attorno alla tavola, la condivisione del pane mostra in pienezza la nuova luce: riconoscono che Egli è stato sempre con loro. Non c’è più tristezza, non c’è più dolore, è risorto, è vivo! E questa esperienza deve essere condivisa. Non importa la fatica o il lungo viaggio di ritorno, bisogna tornare alla comunità per vivere insieme la gioia di una vita nuova.
Questo è un parallelo possibile anche per noi oggi.
Potremmo continuare a meditare, ma preferisco invitare voi a continuare, nei prossimi giorni, con la riflessione e la contemplazione. In modo che sia il Signore Risorto colui che crea nuovi modi di vivere e di relazionarsi, di condividere e di guardare ciò che è importante, in maniera vera.
Non perdiamo la speranza. Il Risorto è con noi ed è dalla nostra parte.
Amen